Il 22 novembre è la ricorrenza di Santa Cecilia, patrona della musica, dei musicisti e dei cantanti, forse per sbaglio.
Come vedremo probabilmente il patronato è stato acquisito durante il medioevo per via di un errore di trascrizione, la sua vita invece è stata specchio della forza d’animo dei primi martiri cristiani.
Storicamente è possibile affermare che Cecilia fu una benefattrice della chiesa di Roma poiché diede il nome all’omonima Basilica in Trastevere, infatti l’intestazione delle basiliche romane era associato a persone benefiche che donarono le case o i palazzi su cui poi furono edificate le basiliche; tra queste Cecilia è l’unica rimasta nel Calendario universale della Chiesa, le altre furono soppresse durante la revisione dello stesso non potendone affermare con certezza storica l’esistenza o il martirio. Probabilmente la memoria è rimasta perché il titolo basicale è molto antico (anteriore all’editto di Costantino) e perchè la festa in sua memoria era già celebrata nel V e VI secolo. Forse non criteri storici solidissimi ma sufficienti a non rimuovere la ricorrenza (si dice anche su insistenza di papa Giovanni XXIII durante il Concilio). Gli altri riferimenti storici sono incerti.
La tradizione che narra la cronaca del suo martirio nasce dall’antico testo della Passio Sanctae Caeciliae e viene riportata dalla Legenda Aurea del domenicano Jacopo da Varagine del XIII secolo. Nella Passione di Santa Cecilia la narrazione è molto leggendaria perché il genere letterario agiografico a cui appartiene non si sofferma sulle veridicità storiche, ma vuole esaltare le gesta dei protagonisti. Scrive mons. Frisina:
L’antico testo della “Passio Caeciliae” riporta una cronaca leggendaria del martirio di Cecilia, figlia di una nobile famiglia romana martirizzata, secondo la tradizione, alla fine del II secolo, proprio nella sua casa. Elementi storici e leggendari si intrecciano dando vita ad una storia stupenda dove la verginità e l’innocenza di Cecilia, unite alla sua fede e al suo amore per i poveri, catturano il cuore di Valeriano suo sposo, che attraverso Cecilia conosce la fede cristiana, si fa battezzare e accetta la verginità e il martirio. Cecilia è una creatura fatta di luce e di amore, un capolavoro stupendo di innocenza e giovinezza che profuma di cielo. Il suo martirio è terribile, eppure è il suo più bel canto d’amore a Cristo.
Storia e Leggenda
Parte uno
Gli eventi che coinvolgono la giovane Cecilia si snodano tra le strade della Roma del III secolo. Sul trono imperiale siede Alessandro Severo, un ragazzo poco più che ventenne; Roma è all’apice dell’espansione territoriale ma la lotta al potere imperiale è sull’orlo di quella che da lì a pochi anni sarà ricordata come la Crisi del terzo secolo.
A quel tempo iniziava a diffondersi nell’Urbe una nuova forma di religione, il Cristianesimo, considerata però religione illecita, quindi perseguibile. Alessandro comunque aveva manifestato ampia tolleranza, sia per la vicinanza della madre alla nuova religione, sia per la sua politica di rafforzamento del sincretismo religioso, anche se, come scriverà Lampridio, “Alessandro soffriva che vi fossero dei cristiani”. Nonostante questa tolleranza, i cristiani vivevano in clandestinità poichè l’odio verso di loro era molto diffuso, tanto che durante le calamità si era solito dire “i cristiani ai leoni!”, e bastava un’accusa di stregoneria per essere messi a morte.
Urbano, anziano papa di quegli anni, viveva nascosto nelle cripte della Via Appia, che da porta Capena portava dalle mura di Servio Tullio, verso la campagna, e qui insegnava il Vangelo a chi ne faceva richiesta. Tra i più assidui frequentatori degli incontri clandestini vi era una nobile giovane fanciulla romana della gens Cecilia che abitava in Trastevere.
La giovane viene però promessa sposa dalla sua famiglia al figlio di un’altra casata patrizia, Valeriano. I due si sposano e Cecilia, che aveva fatto voto di castità, riesce a convertire prima lo sposo e poi suo cognato Tiburzio. I due fratelli, sotto le cure del vecchio Urbano, seguiranno Cecilia nell’aiuto ai poveri e nelle opere di carità verso i più bisognosi.
In primavera l’imperatore era solito andare con le truppe al seguito delle varie campagne militari, e quell’anno la guerra in Persia avrebbe tenuto a lungo lontano da Roma l’ultimo discendente dei Severi; la giurisdizione civile fu quindi amministrata da Turco Almachio, prefetto di Roma, uno dei più ostili nemici dei cristiani, che senza l’imperatore si sentiva più libero di agire con violenza verso quella che considerava un’odiosa setta. I primi a farne le spese furono gli appartenenti alla classe del popolo. Almachio si scagliò verso di loro con vari capi d’accusa e ordinò che i corpi dei deceduti non potessero essere sepolti. Valeriano e Tiburzio si prodigarono nel ritrovare i martoriati corpi dei fratelli dandone a proprie spese degna sepoltura. Segnalati per la loro attività, furono denunciati al prefetto Almachio e quindi portati al suo giudizio; il prefetto non voleva infierire su due patrizi ma intendeva intimorirli per aver disobbedito ad un suo comando. Durante l’interrogatorio i due fratelli però manifestarono il loro credo e rifiutarono di offrire una libagione agli dei, come aveva suggerito il prefetto per mandarli via. Ufficialmente finora Almachio non aveva infatti agito contro i cristiani in quanto tali ma con sommari capi d’accusa; ma ora invece era di fronte alla confessione pubblica di due fratelli che lo stavano mettendo in difficoltà. Chiamò quindi il suo cancelliere Massimo, con ordine di lasciare liberi i due giovani nel caso avessero offerto sacrifici oppure constatare la loro esecuzione. Sulla via che portava al patibolo i due riuscirono a convertire Massimo, che si fece battezzare la notte stessa; il giorno dopo i due fratelli rifiutarono nuovamente di offrire sacrifici, e furono quindi decapitati. Poco dopo, saputo della conversione di Massimo, Almachio ordinò di uccidere anche lui. Cecilia allora fece seppellire insieme i tre corpi (festeggiati come santi il 14 Aprile), contravvenendo anche lei alle disposizione del prefetto. Almachio fece quindi interrogare Cecilia, sperando di chiudere in fretta il processo, ma anche lei si rifiutò di offrire agli dei. Non volendo punire pubblicamente la giovane nobile, ordina che venisse giustiziata in casa facendola chiudere per tre giorni nel bagno in modo che soffocasse con vapori ardenti. Cecilia sopravvisse. Almachio allora diede disposizione che venisse decapitata ma, sebbene il carnefice la colpisca tre volte, il massimo consentito per legge, i tre colpi di spada non riuscirono a staccarle la testa dal collo. Cecilia rimase in vita ancora tre giorni durante i quali riuscì a distribuire tutti i beni ai poveri e chiese a papa Urbano di consacrare la sua casa mettendola a disposizione della Chiesa. Urbano, aiutato dai suoi diaconi, seppellì Cecilia nelle catacombe di San Callisto, il luogo in cui si seppellivano i vescovi, i martiri e i confessori della fede cristiana.
Parte due
Seicento anni più tardi, l’impero romano d’occidente non esisteva più, l’impero di Carlo Magno era da poco sorto e Roma non era più il centro del mondo ma sede della Chiesa Cattolica, e il papa, che non si nascondeva più tra le catacombe, governava di fatto la città. In quel periodo era papa Pasquale I, che in quegli anni fece restaurare alcune basiliche romane, tra cui quella intitolata a Santa Cecilia, sorta sulla casa della giovane martire romana fatta giustiziare da Almachio tempo prima. Papa Pasquale voleva portare le spoglie della santa all’interno della basilica e, come racconta il Liber pontificalis, quando le ricerche dei resti della Santa risultarono vane, tanto da far pensare a un trafugamento da parte dei Longobardi, fu proprio la giovane martire ad apparire al papa, indicandogli dove avrebbe trovato i propri resti. Nel 821 le reliquie di Santa Cecilia furono così trasportate nella basilica di Santa Cecilia in Trastevere e papa Pasquale I fece edificare un monastero attiguo alla basilica per ospitare un gruppo di monaci affinché vegliassero sulle reliquie.
Parte tre
Arriviamo alle soglie dell’Anno Santo del 1600, Roma e la chiesa Cattolica si stanno riprendendo lentamente da due eventi epocali, il famigerato Sacco di Roma, perpetrato dai Lanzichenecchi durante tutto l’anno 1527, che dimezzò la popolazione romana fino a ridurla a circa 30.000 abitanti, e l’ascesa della Riforma Luterana, che segnò la fine delle logiche di potere e dei discutibili costumi che avevano caratterizzato le famiglie papali di quei secoli. Il Concilio di Trento del 1545 aveva segnato l’inizio della Controriforma, la risposta cattolica alle istanze del Protestantesimo.
La devozione dei martiri e dei santi, attaccata dai protestanti, fu incentivata: vennero riaffermate con decisione celebrazioni di santi patroni, pellegrinaggi, devozione ed esposizione di spoglie e cimeli sacri. In particolar modo i primi martiri, autentici ed indiscussi campioni della fede cristiana, divennero conferma della validità del cattolicesimo come erede legittimo del cristianesimo dei primi secoli e, Roma, intrisa del sangue dei martiri, legittima sede dell’autorità pontificia; per far ciò era necessario però accertare la storicità dei martiri e l’effettiva presenza delle loro spoglie nella città eterna. Anche artisticamente l’intento propagandistico e pedagogico fu quello di rappresentare i martiri nel momento in cui furono torturati e uccisi mentre difendevano la vera fede.
Nel 1599, la solenne cerimonia di traslazione del corpo di santa Cecilia organizzata dal cardinale Sfondrati, uno dei personaggi più autorevoli della Roma di fine secolo, fu il primo modello di questo nuovo corso. Il ritrovamento della salma fu ben documentato e insieme al corpo della santa furono ritrovati anche i santi Urbano, Valeriano, Massimo e Tiburzio.
Il cardinale allora commissionò a Stefano Maderno una statua che, si disse, riproducesse l’aspetto e la posizione del corpo di Cecilia così com’era stato trovato, ma in realtà è probabile che l’intenzione fosse piuttosto quella di dare l’idea della verginità e del momento del martirio. La bellissima statua fu sapientemente collocata all’interno di una piccola nicchia di marmo nero, con cui fa contrasto, catturando l’attenzione del visitatore appena varcata la soglia della chiesa. L’impianto anticipa alcuni caratteri del linguaggio artistico e «teatrale» del Seicento barocco.
Cecilia patrona della Musica
È quanto mai incerto il motivo per cui Cecilia sarebbe diventata patrona della musica. La spiegazione più plausibile sembra quella di un’errata interpretazione dell’antifona di introito della messa nella festa della santa (e non di un brano della Passio come talvolta si afferma).
Il testo di tale canto in latino sarebbe: «Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar» («Mentre suonavano gli strumenti musicali, la vergine Cecilia cantava nel suo cuore soltanto per il Signore, dicendo: Signore, il mio cuore e il mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa»). Per dare un senso al testo, tradizionalmente lo si riferiva al banchetto di nozze di Cecilia: “mentre risuonavano gli strumenti musicali, Cecilia cantava a Dio nel suo cuore”, da qui si travisò ulteriormente: “Cecilia cantava a Dio con l’accompagnamento dell’organo”. Si cominciò così a partire dal XV sec. a raffigurare la santa con un piccolo organo portativo a fianco.
In realtà nei codici più antichi la frase iniziale è “Candentibus organis, Caecilia virgo“, gli organi quindi non sarebbero affatto gli strumenti musicali, ma gli strumenti di tortura, e l’antifona descriverebbe Cecilia che “tra gli strumenti di tortura incandescenti, cantava a Dio nel suo cuore“; il riferimento non era quindi al banchetto di nozze, ma al momento del martirio. L’ultima canzone dedicata a Santa Cecilia è dei Foo Fighters, dall’omonimo album gratuito rilasciato dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015.
19 novembre 2015
Stasera, vorrei iniziare la prefazione a una lettera che ho scritto qualche settimana fa, nella mia camera d’albergo a Berlino, durante la parte finale del nostro tour per l’album. Ho sentito il bisogno di scrivere questa introduzione alla luce dei terribili fatti del 13 novembre, che hanno gettato una luce molto differente su questo progetto. Come tutto il resto…L’EP “Saint Cecilia” è un progetto iniziato a ottobre di quest’anno come celebrazione della vita e della musica. Con questa idea, verso la fine del nostro tour, volevamo condividere con voi il nostro amore per entrambe le cose per ringraziarvi di tutto ciò che ci avete dato.Ora però c’è un nuovo intento, ed è la speranza che – anche solo in una misura piccolissima – magari queste canzoni possano portare un po’ di luce in questo mondo che a volte è così buio. Per ricordarci che la musica è vita, che speranza e miglioramento vanno mano nella mano con la musica. E questo non potrà portarcelo via nessuno.Pensiamo a tutti quelli che sono stati colpiti dalle atrocità di Parigi, alle loro famiglie, ai loro cari e agli amici. Torneremo e celebreremo la vita e l’amore con voi, ancora una volta, con la nostra musica. Come deve essere.
Dave Grohl
Conclusioni
Per quello che Cecilia ha rappresentato e rappresenta tuttora per tante persone nel mondo, non è importante quanto di storico conosciamo o no, perchè per tutti quelli che si affidano a lei, per tutti i cori che portano il suo nome e per tutti quelli che amano la musica, santa Cecilia è diventata “leggenda“.
Bibliografia
- Il corpo di santa Cecilia (Roma, III-XVII secolo) di Alessia Lirosi
- Di Santa Cecilia e de suoi compagni martiri di Giuseppe Biondini, 1855